Brughiera avvolta dalla nebbia. Un proiettile d’argento. Luna piena. Poche creature del cinema horror sono iconiche quanto l’uomo lupo. Ultimo in ordine d’arrivo, Wolf Man, il film di Leigh Whannell prodotto da Jason Blum. Interpretato da Christopher Abbott e Julia Garner, è il reboot de L’uomo lupo. Il classico del 1941, diretto da George Waggner.
Con Lon Chaney Jr. nel ruolo del personaggio titolare, L’uomo lupo rientra nel ciclo dei Mostri della Universal, segnando uno spartiacque nel genere horror grazie trucco avanguardistico di Jack Pierce e alle idee rivoluzionarie di uno sceneggiatore ebreo capaci di dar forma alla mitologia dell’uomo lupo.
La storia è ovviamente semplice, ma la maggior parte dei film sui mostri della Universal lo è. Larry Talbot (Lon Chaney Jr.) viene morso da un lupo mentre difende una donna da un attacco. Successivamente, una zingara lo avverte che la notte seguente diventerà un lupo mannaro e sarà impotente di fronte alla morte e alla distruzione che causerà. Larry, ovviamente, inizialmente è scettico, troppo impegnato a corteggiare Gwen Conliffe (Evelyn Ankers). Ma quando la luna si alza, il suo corpo si copre di peli e inizia a vagare per la foresta oscura, cacciando le povere anime solitarie che incrociano il suo cammino.
L’Uomo Lupo, l’ombra del nazismo dietro al Classico della Universal
Lo sceneggiatore ebreo Curt Siodmak, fuggito dalla Germania nazista a Hollywood, disseminò la storia di riferimenti alla religione ebraica (la stella a cinque punte che compare sulla mano delle vittime del licantropo). Siodmak ampliò l’idea e inventò il concetto generale di ciò che oggi consideriamo la mitologia del lupo mannaro. La trasformazione di notte, la vulnerabilità all’argento e l’infezione attraverso il morso furono tutte idee di Siodmak, ed è sorprendente quanto naturali sembrino fin dall’inizio.
L’uomo lupo rappresenta sia un’estensione dei timori che aleggiavano nei paesaggi dei primi film horror dell’era della Depressione, alimentati dai ghoul letterari, dal folklore secolare e dai progressi scientifici che vedevano uomini comuni aspirare a interpretare il ruolo di Dio, sia una nuova visione pessimistica di un mondo che stava affrontando l’inevitabilità di una seconda guerra mondiale. Curt Siodmak, cresciuto in Germania prima di fuggire mentre Hitler e i suoi seguaci si scatenavano un’ondata di antisemitismo, vedeva il suo paese trasformarsi in una terra dove la popolazione veniva ridotta a bestie assetate di sangue. In un’intervista successiva, Siodmak dichiarò di sentirsi “l’Uomo Lupo”, poiché, come disse lui stesso, era “maledetto” per essere ebreo nella Germania nazista, un destino che non aveva mai scelto. Sebbene sia facile comprendere il significato di questa affermazione, è probabile che il lupo mannaro che si manifesta in Larry Talbot rappresenti la visione di Siodmak della corruzione che il partito nazista stava seminando con la sua propaganda seducente. Inoltre, con l’uscita del film nel 1941, proprio quando gli Stati Uniti entravano in guerra, L’uomo lupo fungeva da cupo riflesso degli orrori barbarici che il mondo si apprestava a vivere, anche se Siodmak e gli altri coinvolti nel progetto non ne erano pienamente consapevoli.
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