Stardust, perché il biopic di David Bowie non ha funzionato?

Stroncato dalla critica – fatta eccezione per il New Musical Express che però lo ha descritto più come un «road-trip movie» che come un vero e proprio biopic – Stardust l’attesissimo film dedicato a David Bowie si è rivelato un flop. Non solo per colpa del Covid.

Il biopic non autorizzato doveva essere presentato in anteprima al Tribeca Film Festival nell’aprile del 2020, ma poi la manifestazione è stata cancellata a causa della pandemia. La prima del film si è tenuta lo scorso ottobre al San Diego International Film Festival. La pellicola è stata distribuita negli Stati Uniti a partire dal 25 novembre scorso. In Italia è stata proiettata solo il 16 ottobre alla Festa del Cinema di Roma.

Diretto da Gabriel Range, noto documentarista britannico, Stardust vede il 37enne attore e musicista sudafricano – naturalizzato inglese – Johnny Flynn nel mullet rosso fuoco di David Bowie. Il biopic racconta del viaggio della rockstar negli Stati Uniti e del processo creativo che lo portò a creare l’alter ego Ziggy Stardust. Nel cast anche Jena Malone nel ruolo della prima moglie, Angie, e Marc Maron il suo discografico.

Duncan Jones, figlio del Duca Bianco, aveva detto che la famiglia si dissociava dal film. Proprio per questo motivo nel biopic non sono presenti i pezzi dell’artista.

Come può funzionare un film su David Bowie senza le canzoni di David Bowie?

Aggiungici la sceneggiatura frangile di Range (scritta in collaborazione con Christopher Bell) e una recitazione non proprio memorabile.

Come Johnny Flynn ce l’ha messa tutta per diventare Bowie:

Quando il progetto gli è stato proposto per la prima volta nel 2017, l’attore era molto preoccupato per il confronto col mitologico artista. Per prima cosa, riteneva di non poter incarnare l’aspetto androgino di Bowie, avendo un’ossatura differente.

Gabriel Range lo ha voluto, principalmente, per le sue abilità di frontman col gruppo folk Johnny Flynn & The Sussex Wit.

Flynn si è lasciato persuadere dal regista sperimentando, così, varie parrucche, lenti a contatto e denti finti.

Per calarsi emotivamente in David Bowie, Flynn ha letto un’enorme quantità di libri, guardato interviste, concerti, si è immerso nella musica di Bowie a 360 gradi lavorando anche con un coach vocale.

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