Guillermo Del Toro è il re dell’horror fantastico contemporaneo, e il suo dark fantasy bellico del 2006, Il labirinto del fauno, vincitore di numerosi premi, rimane la sua opera magna. Ambientato poco dopo la Guerra Civile Spagnola, nei primi anni della dittatura franchista, si ispira alle fiabe ed è, in parte, una versione contorta di Alice nel Paese delle Meraviglie, combinando il fantastico con la brutalità della guerra. Si tratta del secondo capitolo di una dilogia dello stesso cineasta messicano (la prima è La spina del diavolo del 2001), girata interamente in spagnolo e ambientata durante la guerra civile e il secondo dopoguerra in Spagna.
Nessuna scena rappresenta il meglio del suo lavoro quanto l’incontro di Ofelia (Ivana Baquero) con l’Uomo Pallido (Doug Jones) ne Il labirinto del fauno — una sequenza che ha fatto rabbrividire persino Stephen King.
Lunga poco più di cinque minuti, la scena dell’Uomo Pallido mette in evidenza le somiglianze del film con Alice nel Paese delle Meraviglie, ma il viaggio di Ofelia nella tana del coniglio è decisamente terrificante e ci presenta uno dei mostri cinematografici più iconici di tutti i tempi.
“Il labirinto del fauno” è una fiaba per adulti ambientata sullo sfondo della Seconda guerra mondiale
Il labirinto del fauno è strutturato come un tipico viaggio dell’eroe, visto attraverso gli occhi della decenne Ofelia, la cui fede nella magia si fonde con la realtà quando incontra il Fauno (interpretato anch’esso da Doug Jones), che la crede la reincarnazione della Principessa Moanna del Sottosuolo.
Mentre sua madre soffre per una gravidanza difficile e il suo nuovo patrigno, il capitano Vidal (Sergi López), la tratta come un fastidio, Ofelia passa le giornate cercando di completare i tre compiti che il Fauno le assegna per guadagnarsi l’immortalità.
Ambientato nell’estate del 1944, il film si svolge sullo sfondo della Seconda guerra mondiale, quando la Spagna era già sotto il dominio del dittatore Francisco Franco, la cui ideologia è incarnata dal capitano Vidal.
L’esplorazione del fascismo è un tema ricorrente nelle opere di Del Toro, e Il labirinto del fauno mostra come gli esseri umani possano essere molto più spaventosi dei mostri di fantasia, usando la sua narrazione fantastica come parabola sull’importanza di mettere in discussione l’autorità e di difendere ciò che è giusto, anche di fronte al pericolo.
La scena dell’Uomo Pallido in Il labirinto del fauno è il culmine dello stile di Guillermo Del Toro
Sebbene Il labirinto del fauno prenda ispirazione da molteplici fonti — dalle fiabe tradizionali fino alle visioni cupe di Francisco Goya — la sua sequenza più celebre ricorda da vicino un momento iconico di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Per completare il secondo compito assegnatole dal Fauno, la giovane Ofelia disegna con un gessetto magico una porta che la conduce nella tana dell’Uomo Pallido, dove deve recuperare un pugnale destinato a un futuro rituale.
Ignara dell’orrore che l’attende, la bambina si ritrova in una cantina illuminata dal fuoco, al centro della quale troneggia una lunga tavola imbandita di cibo. Ma al posto del Cappellaio Matto siede immobile una creatura emaciata e inquietante: l’Uomo Pallido.
Del Toro costruisce la tensione con maestria, lasciando che il silenzio e i piccoli suoni — il respiro di Ofelia, lo scricchiolio delle assi, il crepitio del fuoco — sostituiscano la colonna sonora di Javier Navarrete, che svanisce gradualmente.
I disegni macabri e le scarpe abbandonate sul pavimento svelano la vera natura del mostro: un divoratore di bambini. Ofelia si muove con cautela, ma, attratta dall’uva lucente sul tavolo, non riesce a resistere e infrange il divieto. In quell’istante, l’Uomo Pallido si risveglia.
Doug Jones, collaboratore di lunga data di Del Toro, interpreta con straordinaria intensità sia il Fauno che questa creatura. Grazie a un trucco prostetico eccezionale — premiato con l’Oscar — la sua trasformazione è una delle più memorabili del cinema contemporaneo.
Vederlo animarsi, collocare i propri occhi nei palmi delle mani e muoversi barcollando nella stanza mentre dilania le fate è un’esperienza disturbante e ipnotica allo stesso tempo.
In appena cinque minuti, Del Toro racchiude tutta la sua poetica: l’unione tra il meraviglioso e il macabro, la bellezza e l’orrore. La scena dell’Uomo Pallido non è solo il cuore del film, ma anche la sintesi perfetta del suo cinema, capace di scolpire nell’immaginario collettivo una figura mostruosa e indimenticabile.









