Sono decollati dall’Umbria alla volta di Los Angeles con un sogno, qualche dollaro in tasca e una valigia piena di rock. Oggi, sono tornati in patria da vincitori portandosi a casa un concerto al Viper Room di Johnny Depp e un contratto col guitar tech che fu dietro al This Is It tour di Michael Jackson. Ora, Leo Forini (voce e chitarra), Wido Russo (basso) e Gabriele Panariello (batteria) in arte HOT (Hands Of Time) sono pronti per spaccare come opening act alla tappa italiana di un Marilyn Manson da sold out (Lunedì 9 novembre all’Obi Hall di Firenze) dove il palco del Reverendo sarà contaminato dalle influenze elettro-pop dell’ultimo album della hard rock band orvietana, Time to Think. Ecco, cosa ci hanno detto…
- Ragazzi, parlatemi del vostro background musicale: “Nulla si crea e nulla si distrugge, giusto? Le nostre radici culturali, tutte diverse, influenzano il modo di comporre alla base. Del resto, ognuno di noi cerca di mettere in musica ciò che sente dentro. Ognuno di noi ha ascoltato, ed è legato, a stili musicali differenti, e ciò ha permesso di sperimentare tanto dal punto di vista musicale, mischiando quelli che sono, appunto, i nostri gusti. Di base, l’anima è quella rock. C’è una cosa, però, che sicuramente ci accomuna, ed è il rischio. La contaminazione si sentirà sempre e comunque, è inevitabile, ma facciamo di tutto per creare una nostra identità scrivendo parti che al primo ascolto possono sembrare “strane”, ma che mirano a non ripetere quello che già è stato fatto. Infatti, sotto consiglio di Sauro Ciccola (guitar tech per Bon Jovi e Michael Jackson) – nostro manager conosciuto a LA e diventato ormai elemento fondamentale della band – e di Tony Ciulla, manager di Marilyn Manson, il prossimo disco sarà veramente qualcosa di innovativo!”
- A cosa vi siete ispirati per il nome della band?: “La versione ufficiale è che Hands Of Time, cioè lancette dell’orologio, rappresenta la costante poetica dei nostri testi: il tempo, entità non presente in natura, è stato inventato per scandire l’avvicinarsi della fine di questo viaggio, quindi, ognuno di noi dovrebbe usare ciò che la natura stessa ci ha concesso nel migliore dei modi.. Poi si, c’è anche il fatto che se prendi le iniziali delle tre parole che lo compongono, viene fuori HOT…e alle ragazze piace :-)! Comunque, l’idea ci venne ascoltando un brano di una band americana, i Saigon Kick: su una strofa di “Love is On the Way”, infatti, viene citato quello che sarebbe diventato il nostro nome!”
- Leo, cosa significa per te salire su quel palco, prima di una rock star come Marilyn Manson?: “E’ sia il coronamento di anni di fatica e lavoro, sia un nuovo inizio. Diciamo che è come una porta…una porta alla fine di una lunga scalinata, e dopo tutti quei gradini, finalmente abbiamo messo la mano sulla maniglia. Ora, va aperta, senza paura! Ecco, probabilmente è questo!”
- Gab, in che modo ti sei approcciato alla musica?: “Ho iniziato relativamente tardi. All’età di 14, grazie al marito di mia cugina un musicista e comprai la prima batteria. Da lì è stata una sfida continua guidata dalla passione, senza di questa non sarei andato da nessuna parte, e un susseguirsi di rischi che ho preso anno dopo anno: dai chiodi alle superiori per andare a suonare all’interruzione dei miei studi alla NAM (l’accademia dove insegnava Tullio De Piscopo a Milano) poco prima di prendere il diploma, arrivando a sposare il progetto HOT in un periodo in cui sarei potuto andare, prima, a Sanremo Giovani e, poi, a XFactor con un gruppo pop. La verità è che cuore e musica vanno di pari passo: è stato, quindi, semplice prendere la decisione giusta! Oggi, posso dire di aver fatto bene in tutto e di essere entrato a far parte di una bella e allegra famigliola quale siamo! Love you guys! 🙂 ”
- Leo, dimmi il pezzo degli Hot a cui sei più legato: “E’ come chiedere ad una mamma si scegliere il figlio a cui è più legata, più o meno. E’ dura, perché le sento tutte dentro, perché è da dentro che tutte sono venute. Su due piedi, ora come ora ti dico “Life Is A Song”, perché per la prima volta sono riuscito a mettere tutto me stesso, e tutta la mia vita, in 3 minuti e mezzo di canzone, senza mezzi termini, senza vergogna, senza paura. Dopo tutto, quando ti fermi a pensare, e tutto ciò che hai sempre ritenuto importante tutt’un tratto diventa superfluo, ti rendi conto che la vita non è che una canzone.”
- Dove vorreste vedervi tra 5 anni?: “Non lo sappiamo. L’importante è fare bene il nostro lavoro adesso, nel presente. Sicuramente ci basta vivere di musica ed avere magari una casa dispersa, lontana da tutto e da tutti, dove ognuno di noi può fare quello che vuole a contatto con la natura. Se poi tra 5 anni siamo in giro per il mondo ben venga. Ormai siamo una famiglia e non c’è cosa più bella che condividere questa passione con le persone che ami.”
- E, ora, ditemi 3 album essenziali del rock: Gab “Assolutamente The Wall dei Pink Floyd”. Leo “A night at the opera dei Queen”. Wido “Ma cosa vuoi che sia una canzone di Vasco Rossi”.