I londinesi hanno ora la possibilità di immergersi completamente nel mondo di Frankenstein, la nuova visione gotica e poetica di Guillermo del Toro. La mostra “Frankenstein: Crafting a Tale Eternal”, gratuita e aperta al pubblico fino al 9 novembre presso The Old Selfridges, offre un’esperienza sensoriale e cinematografica unica.
Da tempo il regista messicano sognava di riportare in vita il classico horror di Mary Shelley, e ora gli spettatori possono ammirare il suo progetto sul grande schermo — prima dell’uscita su Netflix il 7 novembre — e scoprire i segreti del film attraverso questa mostra immersiva. L’esposizione celebra il lavoro di Kate Hawley (costumi), Tamara Deverell (scenografie) e Mike Hill (effetti prostetici), oltre a includere rari volumi storici.
Tra i pezzi più preziosi figurano due edizioni originali del romanzo di Shelley, una del 1818 e una illustrata del 1853. “Mary Shelley poneva domande filosofiche, economiche e sociali che la tormentavano,” ha raccontato del Toro a Variety. Il regista ambienta la sua versione durante la Guerra di Crimea, ma con una sensibilità moderna e un tono quasi operistico. Per realizzarlo, si è affidato ai suoi collaboratori storici: la costumista Hawley (già al suo fianco in Crimson Peak), la scenografa Deverell e il compositore Alexandre Desplat.
Costumi simbolici e fatti a mano
Parlando dei costumi, del Toro spiega che l’abito di Elizabeth (Mia Goth) rappresenta la natura:
“Per questo lei è legata alla Creatura (Jacob Elordi). È il sacro e il naturale. Per questo la vediamo vestita spesso di bianco, simbolo di purezza.”
Il suo abito blu, invece, la connette alla scienza — il ricamo richiama una radiografia.
“Questo è racconto visivo. Non è eye candy, è eye protein,” scherza del Toro. “In questo film tutto è realizzato su scala reale, fatto a mano, da esseri umani per esseri umani.”
Anche le esplosioni di laboratorio sono state realizzate con effetti pratici, senza CGI.
Hawley e Deverell hanno lavorato a stretto contatto, coordinando architettura, ambiente e palette di colori — dominata da rosso, blu e verde. Il celebre abito blu di Elizabeth, ad esempio, doveva mantenere la sua saturazione anche alla luce tremolante delle candele, grazie al lavoro con il direttore della fotografia Dan Laustsen.
“Solo la gonna richiedeva oltre 60 metri di tessuto. Volevamo che Elizabeth apparisse quasi eterea, come un angelo della vita e della morte,” racconta Hawley.
Anche Victor Frankenstein (Oscar Isaac) indossa velluti logori e consumati dal tempo, con influenze da David Bowie e Prince. Le sue vesti cambiano col passare del tempo, rispecchiando l’ossessione e la follia della creazione.
“Più si avvicina alla Creatura, più i suoi abiti si deteriorano,” spiega Hawley.
Un laboratorio mostruosamente artigianale
Sebbene la gigantesca nave The Horisont non sia fisicamente esposta, foto e concept art mostrano la complessità della costruzione: sei mesi di lavoro per realizzare una struttura di oltre 40 metri, completa di campana, timone e lucernari, perfettamente fedele all’epoca. Deverell e il suo team hanno persino montato la nave su una piattaforma mobile (gimbal) per ricreare i movimenti reali.
Il fulcro della mostra resta comunque il laboratorio di Frankenstein, con tavoli costruiti in legno autentico e un tema visivo ricorrente: il cerchio.
La musica e l’anima della Creatura
Il compositore Alexandre Desplat, collaboratore di lunga data di del Toro racconta che la colonna sonora nasce dal desiderio di dare un’anima sonora alla Creatura.
“Volevamo che la sua anima fosse fragile e commovente. Così abbiamo scelto lo strumento più delicato e puro: il violino,” spiega Desplat. “Questo essere immenso ha la voce fragile e bellissima della musica classica.”
La trasformazione di Jacob Elordi
La creazione della Creatura è stata un’impresa monumentale. L’artista Mike Hill ha voluto che sembrasse davvero uscita dall’Ottocento, non da un film moderno. Jacob Elordi ha trascorso 10 ore al giorno nel reparto trucco, indossando 42 protesi (di cui 14 solo su testa e collo).
“Non volevamo un corpo dal colore cadaverico,” spiega Hill. “Abbiamo voluto mostrare l’interno del corpo umano all’esterno, con vene e tessuti visibili, come se l’anatomia fosse messa a nudo.”
Il corpo della Creatura mostra cicatrici, correzioni e errori di un Victor che sta “imparando a fare un uomo”. Ogni pezzo è un esperimento, un fallimento, un tentativo di perfezione.
“Se dovessi creare un uomo, non useresti dieci cadaveri qualsiasi,” dice Hill. “Cercheresti il corpo migliore. E caso vuole che fosse quello di Jacob Elordi.”