After the Hunt: la Tár delle aule universitarie

Sin dai primi istanti di After the Hunt, è evidente che Luca Guadagnino renda omaggio — o forse lanci una provocazione — a Woody Allen, a partire dalla scelta dei caratteri dei titoli di testa, così marcatamente “alleniani”. È una citazione consapevole e ironica, che dialoga con le accuse e le controversie che da anni circondano il regista newyorkese, ma che serve anche a chiarire le intenzioni del film: non offrire giudizi netti, bensì restare in quella zona grigia dove morale e ambiguità si intrecciano.

Come Tár di Todd Field rifletteva sulla caduta di una figura carismatica del mondo culturale, After the Hunt non chiede empatia per la sua protagonista, ma invita a osservarla con distacco, quasi da spettatori invisibili. Guadagnino, ormai sempre più a suo agio nel cinema mainstream dopo Challengers, continua a esplorare le sfumature del desiderio e del potere. In Chiamami col tuo nome metteva in scena una relazione fra un adolescente e un giovane adulto; in Bones and All trasformava due cannibali innamorati in creature vulnerabili, braccate da un mostro più vecchio e corrotto.


Di cosa parla After the Hunt

Alma Imhoff (Julia Roberts) è una stimata professoressa di filosofia a Yale, fredda e ambiziosa, sposata con uno psichiatra (Michael Stuhlbarg). In corsa per una cattedra permanente, il suo unico rivale è il collega e amico Hank Gibson (Andrew Garfield). Alma ha un rapporto privilegiato con una studentessa, Maggie Resnick (Ayo Edebiri), idealista e figlia di ricchi benefattori dell’università.

Dopo una festa a casa di Alma, Maggie accusa Hank di averla aggredita sessualmente. Alma, inizialmente scettica, dubita della studentessa, provocandone la rabbia e l’allontanamento. Hank, dal canto suo, sostiene che Maggie abbia inventato tutto per coprire un plagio nella sua tesi.

Lo scandalo esplode: Hank viene licenziato, ma Alma è dilaniata dal dubbio e da una crisi morale che fa riaffiorare segreti sepolti del suo passato, mettendo in discussione la sua integrità e la sua visione della verità.


After the Hunt è Tár ambientata tra le aule di Yale

La sceneggiatrice esordiente Nora Garrett sembra determinata a far sì che ogni simbolo, ogni metafora di After the Hunt venga colta senza sforzo dallo spettatore — un’intenzione nobile, ma che finisce per sottrarre naturalezza al racconto.

Il film solleva temi importanti — il potere, la responsabilità, il conflitto tra generazioni — senza però scavare davvero in nessuno di essi. I dialoghi, densi di riferimenti e allegorie, suonano spesso costruiti, più pensati per un saggio universitario che per una conversazione reale. È come se After the Hunt ambisse a essere una Tár ambientata tra le aule di Yale, dimenticando però la sottile precisione psicologica che rendeva il film di Todd Field così incisivo. La colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross fa gran parte del lavoro, amplificando la tensione emotiva più di quanto riescano a fare regia o sceneggiatura.

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