Cos’è il VistaVision? Come The Brutalist ha fatto rivivere un formato cinematografico bello ma ingombrante

Tra le 10 nomination all’Oscar per The Brutalist, il kolossal di Brady Corbet con Adrian Bordy e Felicity Jones, spicca anche quella alla migliore fotografia di Lol Crawley che ha impiegato un formato che, a Hollywood, non veniva usato dal 1961. Il VistaVision.

Di cosa parla The Brutalist?

The Brutalist racconta l’odissea di László Tóth, un architetto brutalista ungherese, ebraico e sopravvissuto all’Olocausto. Negli anni ’40, si trasferisce negli Stati Uniti con la moglie e il nipote, cercando di ricominciare una nuova vita. Diretto da Brady Corbet, il film offre una critica al sogno americano, mostrando come l’America, pur offrendo una nuova opportunità, tradisca le speranze del protagonista. László si ritrova in una società che, nonostante sembri accoglierlo, è altrettanto razzista e ostile come quella europea che cercava di sfuggire.

Cos’è il VistaVision?

Nel 1954, uno spot promozionale esclamava: «Dimensioni spettacolari e totale attenzione su tutto lo schermo, il massimo della presentazione cinematografica che entusiasmerà i tuoi sensi e toccherà tutte le tue emozioni: VistaVision.»

Sviluppato dalla Paramount Pictures 70 anni fa, il formato cinematografico VistaVision invitava il pubblico a vivere un’esperienza visiva più audace e ad alta risoluzione. L’innovazione risiedeva nel modo in cui il negativo veniva alimentato nella macchina da presa. Invece di scorrere verticalmente, come nelle pellicole tradizionali, il negativo veniva fatto passare orizzontalmente, con otto fori sui bordi superiore e inferiore. Questo cambiamento consentiva di ottenere immagini più ampie, ricche e dettagliate. Tra i film girati in VistaVision ci sono Intrigo Internazionale e Vertigo di Alfred Hitchcock, prima che il formato perdesse popolarità a causa dei progressi nella tecnologia della pellicola.

Crawley, il cui curriculum include White Noise e Vox Lux di Corbet, ha spiegato che la decisione di utilizzare il VistaVision è nata dalle discussioni in fase di pre-produzione, focalizzate sull’architettura. Le fotografie architettoniche, infatti, spesso richiedono obiettivi speciali per mantenere le linee rette e preservare gli angoli senza distorsioni. Il VistaVision, con il suo campo visivo più ampio e la sua risoluzione superiore, si è rivelato il formato ideale per esaltare l’architettura e supportare la narrazione del film. Tuttavia, il processo non è stato semplice. Crawley aveva a disposizione una sola telecamera VistaVision per l’intero set e ha richiesto più tempo per prepararsi adeguatamente. Il team ha testato la telecamera a Londra prima di iniziare le riprese, che si sono svolte per sei settimane a Budapest. Tra i membri del team c’era anche un operatore Steadicam, segno delle grandi ambizioni di Corbet, considerando il peso della telecamera VistaVision e il suo impatto sulla stabilità mentre la pellicola scorreva. La maggior parte de The Brutalist (con una durata di tre ore e 35 minuti, inclusi intervallo) è stata girata in VistaVision, ad eccezione di alcune riprese più lunghe in piano-sequenza.

Sebbene il pubblico abbia sperimentato il VistaVision fin dalla Golden Age di Hollywood, spesso senza esserne consapevole, il formato è stato utilizzato in modo selettivo in giganteschi blockbuster, dove la qualità dell’immagine è fondamentale, come in Jurassic Park e Inception. Crawley, ad esempio, ha incontrato il formato per la prima volta durante le riprese di Phantom Menace, il film di Star Wars. «Caricai una telecamera VistaVision su Phantom Menace, dove lavoravo come tecnico. Avevamo una telecamera fornita da Industrial Light and Magic, e ricordo che sembrava un enorme dirigibile montato su un treppiede. Era molto più complessa di una telecamera normale. Una volta accesa, ha cominciato a mangiarsi il film e non si fermava più

Solo lavorando a The Brutalist Crawley ha scoperto veramente il potenziale del VistaVision, apprezzandone l’efficacia sia nelle ampie panoramiche che nei primi piani più intimi: «Ho lavorato con Brady su tre film, tutti girati su pellicola, ma con questo ho veramente percepito il potenziale fotografico di questo formato. Credo che sia un’opera cinematografica e narrativa straordinariamente riuscita».

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