King Kong si arrampica in cima Empire State Building con la bionda Fay Wray stretta nella gigantesca mano; combatte contro gli aeroplani dalla cima della guglia del grattacielo, prima di soccombere e precipitare. È «la bellezza che uccide la bestia» nella scena che rivoluzionò, per sempre, l’uso degli effetti speciali al cinema (tra cui animazione in passo uno, retroproiezione, matte painting e miniature).
Prodotto e diretto da Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack, King Kong debuttava 90 anni fa a New York incassando la cifra record di 90.000 dollari nel suo weekend di apertura: un successo che salvò la RKO Pictures dalla bancarotta.
La storia del Re dei primati originario della leggendaria Skull Island è ancor oggi oggetto di discussione, in quando vista da alcuni come una critica ad Hollywood (con forti sottotesti razzisti) e da altri interpretata come una celebrazione.
«L’ottava meraviglia del mondo» è opera del pioniere dello stop motion Willis O’Brien. Il colossale gorilla era un animatrone alto circa 45 centimetri (ne furono realizzati quattro), con uno scheletro d’acciaio ricoperto di lattice e pelliccia di coniglio che doveva essere, costantemente, spazzolata per nascondere i meccanismi. Il pupazzone fu filmato con la tecnica del passo uno sul plastico della città di New York.