Oltre 700 milioni di telespettatori. Tanti furono «i discepoli» sintonizzati in tutto il mondo davanti alla miniserie kolossal di Franco Zeffirelli, durante la prima visione su Rai Uno quarantacinque anni fa. Gesù di Nazareth esce nel 1977, molto dopo Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini e a pochi anni dal musical Jesus Christ Superstar. Lo seguiranno, L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e La Passione di Cristo di Mel Gibson. Tra tutte le versioni cinematografiche e televisive, il Cristo zeffirelliano è quello entrato nell’immaginario collettivo, segnando generazioni di spettatori. Addirittura, Stati Uniti TV Guide la definì «la miglior miniserie televisiva di tutti i tempi».
Merito del magnetico attore inglese Robert Powell che rivoluzionò l’iconografia cristiana, attraverso anche alcuni accorgimenti apportati dal grande regista fiorentino. Come il movimento delle palpebre; fu precisa indicazione di Zeffirelli, infatti, che Gesù sbattesse le palpebre il meno possibile proprio per accentuare la differenza tra il protagonista del film e gli altri personaggi di natura non divina. Powell le sbatte una sola volta lungo tutti i 380 minuti di durata dello storico sceneggiato.
Prima di diventare il Redentore, Powell fu scartato dallo stesso Zeffirelli per il ruolo di Romeo nel suo Romeo e Giulietta e di San Francesco nel suo Fratello sole, sorella luna. Successivamente, il maestro lo richiamò per interpretare Giuda. Ma quando lo sottopose al provino, l’attore arrivò «con i capelli lunghi e quei suoi occhi… rimasi fulminato».