Chi avrebbe mai immaginato che un film Disney nato tra caos produttivi, cambi di rotta improvvisi e canzoni scartate diventasse una delle commedie animate più amate di sempre? Le follie dell’imperatore — oggi celebrato come un cult irresistibile — è proprio questo: un miracolo dell’animazione, nato da un pasticcio e diventato una delle opere più iconicamente strampalate degli Studios di Topolino.
Il 40º Classico Disney nasce come un musical epico intitolato Kingdom of the Sun con regista Dindal su soggetto di Roger Allers, ma nel corso dei suoi sei anni di produzione fu trasformato dai dirigenti della Disney in una buddy comedy.
La storia è nota: Kuzco, imperatore giovane, vanitoso e decisamente allergico all’empatia, finisce trasformato in lama dalla sua ex-consigliera Yzma, una villain teatrale e scheletrica dal fascino immortale, accompagnata dal teneramente sciocco Kronk. A salvarlo, paradossalmente, è Pacha, un contadino buono. Un duo improbabile, costretto a unirsi per sopravvivere alla giungla e — soprattutto — al carattere impossibile di Kuzco.
Il cuore del film pulsa proprio nella relazione tra il sovrano capriccioso e il contadino paziente: attraverso battibecchi memorabili, disavventure assurde e momenti di sincera umanità, il viaggio li trasforma. Kuzco passa dall’essere un despota superficiale a un ragazzo capace di vedere, finalmente, chi lo circonda. E tutto questo senza ricorrere alla retorica pesante tipica di tanti film morali: qui la crescita personale passa attraverso il sarcasmo, la comicità visiva e una raffica di battute fulminanti.
Ed è proprio la comicità che ha reso il film leggendario. Le follie dell’imperatore non è un musical nel senso classico, nonostante fosse nato come un epico Kingdom of the Sun pieno di canzoni firmate da Sting. Le mille difficoltà in produzione hanno ribaltato tutto, trasformando quella che doveva essere una fiaba drammatica in una specie di cartone animato anarchico. Il risultato? Un’opera che non ha paura di rompere la quarta parete, ribaltare le aspettative o inserire gag così bizzarre da sconfinare quasi nel surreale.
Alcune di queste battute, rivedendole oggi, hanno persino un retrogusto sorprendentemente oscuro — un contrasto che rende il film ancora più spassoso e unico. Kronk che conversa con il suo angioletto e diavoletto, Yzma che lancia frasi al vetriolo come se fossero dardi avvelenati, o Kuzco che narra la sua stessa storia fermando la pellicola: ogni scena è scolpita nella memoria degli spettatori.
Eppure, al cinema nel 2000, il film non brillò. Fu l’home video, però, a trasformarlo in un fenomeno: vendite altissime, passaparola travolgente e una generazione che lo ha elevato a gioiello comico inimitabile.










Ne parlai diverso tempo fa sul mio blog. Sono sempre rimasto affascinato dalla sua produzione e da quello che in origine doveva essere. Mi dispiace molto che quell’idea non sia andata in porto. Sono felice del film in sé perché è veramente una delle opere più divertenti che abbia fatto la Disney, ma ero curioso di vedere il musical epico che avevano in mente inizialmente.
adoro questo film, adoro Yzma e adoro il metacinema!
anch’io ne feci un piccolo post sul blog^^