All Her Fault, il devastante finale della serie mystery thriller spiegato

All Her Fault è la nuova serie thriller psicologica su Sky e NOW, tratta dal bestseller di Andrea Mara. Protagonista e produttrice è Sarah Snook, affiancata da Dakota Fanning e Jake Lacy. Creata da Megan Gallagher e prodotta da Carnival Films, la serie conta otto episodi diretti da Minkie Spiro e Kate Dennis. La trama segue Marissa Irvine, una madre che scopre con orrore la scomparsa del figlio Milo dopo un playdate. La sua ricerca disperata svela segreti, menzogne e ossessioni nascosti dietro la facciata di una comunità perfetta. Un racconto di suspense e inganno che esplora quanto l’amore possa trasformarsi in pericolo.

Alla fine di All Her Fault, tutte le bugie sepolte negli anni esplodono quando Carrie Finch (Sophia Lillis) — che in realtà si chiama Josephine Murphy — punta una pistola contro la famiglia Irvine. La serie in otto episodi di Peacock indaga l’amore come forma di possesso e quanto lontano un genitore possa spingersi per proteggere un figlio. Il mistero iniziale — la sparizione del piccolo Milo Irvine (Duke McCloud) — si trasforma gradualmente in un dramma morale su colpa, verità e giustizia.


L’inizio: la scomparsa di Milo

La storia comincia in un pomeriggio tranquillo a Chicago: Marissa Irvine (Sarah Snook) va a prendere Milo a casa di Jenny Kaminski (Dakota Fanning) per un appuntamento di gioco, ma il bambino non è lì. Jenny sostiene di non aver mai organizzato quell’incontro. Da quel momento, la tensione cresce vertiginosamente: da un caso di scomparsa si passa a un intrigo più oscuro, dove l’amore stesso diventa pericoloso.

Le indagini rivelano che Carrie Finch, la tata assunta da Jenny, ha preso Milo da scuola. Le telecamere mostrano Carrie litigare con Kyle Smith (Dominic Masterson), il suo ex fidanzato, durante la maratona di Chicago, segno che non agiva da sola. Per proteggere Milo, Carrie lo nasconde in un motel con l’aiuto del padre Rob (Erroll Shand). Ma le sue azioni sono guidate da un passato segreto.


La rivelazione: chi è davvero Carrie

Nel finale, Carrie si presenta nel salotto degli Irvine armata di pistola. Durante il confronto, rivela la propria vera identità: Josephine Murphy, una donna coinvolta anni prima in un incidente stradale con Peter (Jake Lacy) e Marissa. Mentre Marissa rimane sconvolta, Peter non mostra sorpresa. Josephine non è lì per vendetta, ma per un’ultima promessa: vuole che Marissa protegga Milo da qualcuno — Peter stesso.

Quando Peter reagisce e tenta di disarmarla, parte un colpo. Josephine viene colpita a morte. Morendo, lascia dietro di sé la verità che cambia tutto: sei anni prima, dopo un terribile incidente d’auto, Peter ha scambiato i bambini. Il loro vero figlio era morto sul colpo, mentre il neonato di Josephine era sopravvissuto. Peter, credendo (o fingendo di credere) che Josephine fosse morta, ha preso il suo bambino e lo ha cresciuto come proprio. Milo, dunque, non è il figlio biologico degli Irvine.


Peter e la discesa nella follia

Per Peter, la bugia è diventata vita quotidiana. Si autoconvince che tutto è stato fatto per amore e protezione, ma in realtà è solo un atto di controllo e manipolazione. L’executive producer Nigel Marchant spiega che Peter è un uomo capace di giustificare qualsiasi azione, anche la più mostruosa, credendo di essere un marito e padre devoto.

La creatrice Megan Gallagher ha costruito la serie proprio su questa ambiguità morale: ogni personaggio compie scelte terribili, ma sempre con una motivazione che può sembrare comprensibile. Questo permette al pubblico di provare empatia anche per chi ha superato ogni limite.


Il vero destino di Milo

Dopo aver rapito Milo, Josephine lo aveva nascosto in un appartamento, poi in un motel insieme al padre Rob. Quando Peter li raggiunge fingendo di voler pagare un riscatto, uccide Rob colpendolo con una lampada e si porta via Milo. Lo chiude nel bagagliaio dell’auto e lo abbandona davanti a una stazione di polizia, inscenando un “ritrovamento” per apparire come il padre disperato che riabbraccia il figlio. Così, quando Josephine entra armata in casa Irvine, Milo è già stato “restituito”.


La menzogna continua

Con la morte di Josephine, Peter racconta alla polizia una versione falsata: sostiene che la donna fosse instabile e che la pistola sia partita accidentalmente. Detective Alcaras (Michael Peña) sospetta qualcosa ma non ha prove. Marissa, ancora scioccata, finge di credere alla versione del marito.

Poco dopo, Marissa trova sul telefono di Rob una registrazione che svela tutto: Peter lo ha ucciso e ha inscenato il ritorno di Milo. A quel punto, Marissa comprende la vera portata dell’orrore. Non solo Peter ha mentito per anni, ma ha ucciso per mantenere viva quella menzogna.


La scelta di Marissa

Marissa sa che denunciare Peter significherebbe perdere Milo, ma non può più fingere. La sera del funerale di Colin, mentre apparentemente cerca di riavvicinarsi al marito, lo bacia dopo aver mangiato del cibo contenente soia, a cui lui è gravemente allergico. Peter si accorge troppo tardi del pericolo: l’EpiPen è scaduto e il kit di emergenza non si trova — Marissa lo ha rimosso di proposito. Mentre Peter muore soffocato, lei lo guarda, non con odio ma con tristezza: un atto di giustizia e disperazione insieme.

Sarah Snook descrive la scena come una tragedia greca: Marissa non agisce per vendetta, ma per protezione. Uccidere Peter è l’unico modo per garantire a Milo un futuro sicuro. È un gesto d’amore distorto ma inevitabile: “Salvare una vita distruggendone un’altra”.


L’indagine di Alcaras

Dopo la morte di Peter, il detective Alcaras indaga ma decide di non incriminare Marissa. Sa che Peter era colpevole di tutto e che la donna ha agito spinta dal trauma. Capisce anche che il bambino merita una madre, non un’altra tragedia.

Durante il loro ultimo incontro, Alcaras rivela a Marissa un dettaglio decisivo: Josephine e Milo condividevano la sinestesia, una condizione ereditaria che incrocia i sensi (colori, suoni, parole). È la prova scientifica che Milo è figlio biologico di Josephine. “L’unica persona sveglia durante l’incidente era tuo marito,” le dice Alcaras. “Tu non hai preso quelle decisioni.”
Con uno sguardo d’intesa, Alcaras la lascia andare, scegliendo il silenzio invece della giustizia formale. È un atto di complicità morale: riconoscere la colpa senza condannare.


Il significato del finale

L’ultima sequenza mostra Marissa e Milo nel giardino di Jenny. I bambini soffiano bolle di sapone, la vita sembra tornare normale, ma nulla lo è davvero. Marissa ha ottenuto la pace, non l’innocenza: porta con sé la consapevolezza delle bugie, della morte e delle scelte che l’hanno trasformata.

Il tema centrale emerge chiaramente: l’amore come forza ambivalente, capace di salvare e distruggere allo stesso tempo. All Her Fault non offre una vera risoluzione, ma un bilancio morale. La giustizia, suggerisce Gallagher, dipende spesso da chi è disposto a guardare altrove. Non sempre “giusto” e “legale” coincidono.

Marchant e Gallagher sottolineano anche la dimensione sociale: la serie esplora come le donne, specialmente madri lavoratrici, vengano giudicate più duramente degli uomini. Marissa è contemporaneamente vittima, complice e carnefice — una donna spinta oltre il limite da un sistema che pretende perfezione.


Conclusione

Nel suo epilogo silenzioso, All Her Fault chiude il cerchio del titolo: tutta la colpa ricade “su di lei”, come società, madre, moglie. Marissa non è innocente, ma nemmeno colpevole nel senso comune. Ha agito per proteggere il figlio che ama, anche se non è suo sangue.

Milo gioca tranquillo, ignaro delle menzogne che lo circondano. Marissa osserva, consapevole che la verità — la sostituzione del bambino, la morte di Peter, le bugie — rimarrà sepolta. È la sua condanna e la sua redenzione insieme.

Come dice Gallagher, All Her Fault non cerca un “lieto fine” ma un riconoscimento: capire che l’amore può travestirsi da ossessione, che la verità può distruggere più della menzogna e che, a volte, la giustizia esiste solo nel silenzio di chi sceglie di non vedere.

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