All Is Lost, il film estremo che costò a Robert Redford il 60% dell’udito

Non un film come gli altri. Ma un’esperienza cinematografica estrema, radicale, essenziale. J. C. Chandor, alla sua seconda regia, nel 2013 affida a un solo uomo – Robert Redford, all’epoca 77 anne – il peso e la grandezza di un’intera odissea. Nessun cast, nessun dialogo (appena 51 parole in tutto), nessun artificio narrativo: solo un uomo, una barca, l’oceano.

Il protagonista in solitaria e senza nome è in viaggio attraverso l’Oceano Indiano. Un destino avverso lo travolge: una barca danneggiata, tempeste feroci, squali, il sole implacabile. Tutto sembra congiurare contro di lui. Eppure, ciò che il film racconta non è solo la lotta disperata contro la natura, ma la testarda, silenziosa forza dell’essere umano di fronte all’impossibile.

Per girarlo, Redford non si è risparmiato: ha rifiutato controfigure, ha affrontato tempeste ricreate in gigantesche vasche in Messico, le stesse dove Cameron aveva girato Titanic. Giorni interi bagnato da getti d’acqua, immerso e risucchiato dalle onde artificiali. In una scena particolarmente violenta, colpito da un flusso continuo sul lato sinistro del volto, contrasse un’infezione che gli costò il 60% dell’udito. Un danno permanente. “Ne è valsa la pena”, dirà più tardi. Perché quella prova estrema è diventata la sua performance definitiva, forse la più intensa di una carriera leggendaria.

La genesi del film è altrettanto affascinante: Chandor, dopo aver vissuto in prima persona la furia di una tempesta in mare aperto, concepì un racconto senza dialoghi, scritto in appena 31 pagine. Niente flashback, niente spiegazioni, nessun conforto narrativo. Solo un uomo e il suo coraggio. Proprio questa audacia convinse Redford: “Il silenzio è importante quanto le parole. Anzi, qui è più puro”.

In All Is Lost Redford diventa simbolo. Our Man, così è chiamato nei titoli di coda, rappresenta ogni essere umano messo di fronte all’abisso: quando tutto è davvero perduto, quando non resta più nulla, c’è chi si arrende e chi, inspiegabilmente, continua ad andare avanti. È l’essenza stessa della resistenza, un’eco esistenziale che trasforma il film in molto più di un dramma di sopravvivenza: un’opera sul senso della vita.

All Is Lost – Tutto è perduto resta un film unico, un coraggioso atto di fede nel cinema puro e nel potere di un solo attore. E Redford ci ha lasciato una delle prove più indimenticabili della sua carriera.

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