Addio a Robert Redford, il divo che trasformò Hollywood

Robert Redford è morto all’età di 89 anni nella sua casa di Sundance, nello Utah. Si è spento nel sonno, circondato dall’affetto della moglie Sibylle Szaggars, con cui era sposato dal 2009, e dei suoi cari. La notizia della sua scomparsa ha fatto rapidamente il giro del mondo, suscitando commozione non solo tra gli appassionati di cinema, ma anche tra chi ha sempre visto in lui un punto di riferimento culturale, etico e ambientale.

Una carriera iconica

Nato a Santa Monica nel 1936, Redford ha incarnato come pochi altri il volto del cinema americano del secondo Novecento. Dopo gli esordi teatrali e televisivi, raggiunse la celebrità con film come Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969) e The Sting (1973), entrambi al fianco di Paul Newman, diventando simbolo di un’epoca e di un certo ideale di eroismo anti-convenzionale.

Il suo talento non si è fermato davanti alla macchina da presa. Da regista ha firmato Ordinary People (1980), un dramma familiare che vinse quattro Oscar, tra cui quello per il miglior film e la miglior regia. In seguito ha diretto altre opere di grande sensibilità come Quiz Show (1994) e The Horse Whisperer (1998), confermando la sua capacità di dare profondità psicologica a storie intime e universali.

L’impegno civile e culturale

Ma Robert Redford non è stato soltanto una star. Nel 1981 fondò il Sundance Institute e, poco dopo, il Sundance Film Festival, che nel corso degli anni è diventato la vetrina principale per il cinema indipendente internazionale. Grazie a lui, registi come Quentin Tarantino, Steven Soderbergh e molti altri hanno trovato il primo spazio per far conoscere le proprie opere.

Parallelamente, Redford ha sempre difeso con passione l’ambiente. Ambientalista convinto, ha prestato il suo volto e la sua voce a battaglie per la salvaguardia del pianeta, anticipando temi che oggi sono al centro del dibattito globale. Il suo impegno è stato riconosciuto con premi e onorificenze che lo hanno consacrato come una figura di riferimento anche fuori dal cinema.

Vita privata e dolori

La vita personale di Redford non è stata priva di sofferenze. Ebbe quattro figli: Scott, morto a soli due mesi, Shauna, James (scomparso nel 2020) e Amy. Queste tragedie familiari hanno segnato profondamente la sua sensibilità artistica, spingendolo verso un cinema capace di scandagliare le fragilità dell’essere umano.

Un’eredità senza tempo

Robert Redford lascia un patrimonio immenso: film indimenticabili, interpretazioni che hanno fatto epoca, istituzioni culturali che ancora oggi sostengono i nuovi talenti e un esempio di come il successo possa essere messo al servizio di cause più grandi. La sua figura univa eleganza e impegno, fascino e sostanza, rappresentando un ideale di star capace di restare coerente e rispettata per oltre sei decenni.

Hollywood piange oggi non solo un attore, ma un vero e proprio architetto di sogni e di coscienze. La sua eredità continuerà a vivere sugli schermi e nelle battaglie che ha contribuito a rendere visibili.

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