Il britannico Peter Greenaway tributa il leggendario papà de La corazzata Potemkin nel visionario spaccato biografico di Sergej Eisenstein (applaudito all’ultima Berlinale e, attualmente, in sala) durante il viaggio a Guanajuato, dove il 33 enne cineasta sovietico perderà la sua verginità omossessuale prima di dar vita al monumentale Que viva Mexico! (1931), travagliatissima opera rimasta incompiuta: 60 km di pellicola, vergognosamente, amputati. Un progetto epico che verrà accostato a Rapacità di Eric von Stroheim e Intolerance di David Wark Griffith. Ecco, i 10 giorni che sconvolsero Eisenstein secondo quel gallese che volle farsi regista, dopo avere visto Il settimo sigillo di Ingmar Bergman.
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1- Fin dall’età di 22 anni, Peter Greenaway, nutre una vera e propria ossessione per il regista russo, in particolare, perché fu il primo a capire che la pellicola poteva essere una forma d’arte. Sentì parlare, per la prima volta, del cineasta sovietico nel 1964 durante una esposizione intitolata “Eisenstein at Winter Palace”.
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2- Trama: ambientato nel 1931, il biopic racconta dei dieci giorni di Eisenstein vissuti a Guanajuato, dopo essere stato cacciato dagli Stati Uniti a causa del controverso successo de La corazzata Potemkin che scatenò i partiti conservatori. Incalzato dal regime stalinista, il regista fugge dall’altra parte dell’Oceano per girare Que viva Mexico! ma esplorerà, anche, la propria sessualità tra le braccia della guida, Palomino Caňedo.
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3- La relazione tra Eisenstein e Palomino è quella più, sessualmente, esplicita che Greenaway dirige da I racconti del cuscino (1996).
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4- Non solo gli scheletri di Que Viva Mexico! ma una vera e propria carrellata di citazioni che omaggiano il lavoro precedente di Eisenstein (quello di Sciopero, La corazzata Potemkin e Ottobre!)
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5- Eisenstein leggeva Shakespeare (la scena con il teschio che cita L’Otello) e ascoltava Beethoven (notare i capelli).
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6- La produzione di “Que viva Mexico!”: Le riprese si svolsero in Messico nel periodo 1931-1932 grazie al finanziamento dei coniugi Mary e Upton Sinclair. Il budget stanziato dal romanziere americano e da sua moglie finì prima di terminare le riprese e il regista fu richiamato nell’Unione Sovietica regimentata da Stalin. I russi non vollero neppure saperne di acquistare il vasto materiale già disponibile che, secondo accordi, avrebbe dovuto raggiungere il regista rimpatriato. I produttori, tuttavia, ne permisero la distribuzione sotto la regia di altri autori. Il materiale fu così suddiviso ed utilizzato per la realizzazione di: Lampi sul Messico (1933), Eisenstein in Mexico (1933), Death Day (1934) e Time in the Sun (1940). Ejzenštejn morì a Mosca nel 1948 e nel 1954 il film finì al Museo di Arte Moderna di New York. Solo nel 1970 il materiale fu accettato nel proprio Paese dal Ministero Sovietico del Cinema.
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7- ¡Que Viva Mexico! uscì nel 1979 riassemblato da Grigori Aleksandrov.
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8- La trama di “Que viva Mexico!”: 6 episodi per celebrare la rivoluzione messicana del 1911, la più importante del secolo dopo quella sovietica. Il materiale grezzo originale ammontava a 42 ore di pellicola su 60,96 chilometri di celluloide.
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9- Nel ciuffo sparato del rivoluzionario del cinema e pioniere del montaggio l’attore finlandese, Elmer Bäck.
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10- Il prossimo progetto del regista Peter Greenaway è The Eisenstein Handshakes (2016)